martedì 31 dicembre 2013

Brindo

Il 2013 sta per finire, e quindi è il momento di brindare: 


giù i pensieri, su i bicchieri!
Ecco, 
negli ultimi minuti del 2013, ci ho pensato,
il mio brindisi va a loro
persone piccole chiuse in un mondo piccolo,
quello della loro mente.


A tutte le cose che voglio lasciare indietro:
all'invidia della volpe che non ci arriva
alla piccolezza di chi deve sminuirmi per farsi grande
all'ipocrisia di chi non riesce a essere felice se son felici gli altri

Brindo perché tutte queste cose rimangano indietro, in questo 2013 ormai al termine.

Ma io sono già nel futuro, già nel 2014: e lo vedo luminoso, per me e per quelli a cui voglio bene. 

I rimpianti, i rimorsi e i rancori sono storia vecchia: esplosi in un botto solo.
La mezzanotte arriva comunque, e io sono già oltre.


Brindo adesso 
per me 
e per chi come me 
di vita 
non ne ha mai abbastanza

Buon 2014 


lunedì 30 dicembre 2013

La storiella del lunedì #3

Rimembrare, ricordare, rammentare

In italiano la sottile differenza  tra queste espressioni è andata perduta da tempo, e infatti si può dire senza sbagliare che possono considerarsi sinonimi. E si potrebbe anche aggiungere che rimembrare e rammentare ormai si usan più poco, sono obsoleti (tanto per usare un'altra parola polversa).

In inglese invece la differenza è più marcata, anzi, lo dice pure il vademecum dello use of english della BBC: remind and remember are not the same.

Già. Ma io questa differenza mica l'ho mai capita.
Comunque non è questo il punto.
Vado ricercando in giro le varie etimologie delle parole che abbiano a che fare con la memoria e l'atto del ricordare e trovo che:

Memoria = la facoltà di ritenere

Reminiscenza = la facoltà di richiamare alla mente le cose apprese (che a mio fratello fa venire in mente "la luminescenza, anzi, la luccicanza, di Shining" - Duccio, a questo punto hai chiesto di essere citato, e io ti cito. Bacini.)

Ricordanza = lo stato passivo della mente, alla quale si presentano senza sforzo le cose precedentemente apprese

Ora, vorrei soffermarmi un attimino sulla filosofia dietro i concetti di reminiscenza e ricordo, perché il bello di queste due parole è che nascono da due scuole di pensiero medico filosofico: una riteneva che la sede della memoria fosse nella mente, l'altra invece che la memoria venisse custodita all'interno del cuore.

Così mi piace pensare che ci siano persone, eventi, luoghi che io ricordo col cuore, e altre che invece rammenti con la mente, appunto. 
E non è un gioco di gerarchie, semmai di razionalità e emotività. Un contrapporsi personale di apollineo e dionisiaco: l'una non è meno importante dell'altra.

Il parallelo funziona bene anche per l'ambito contrario: possiamo dimenticare (e farlo con la mente), oppure possiamo scordare (col cuore). E' lo stesso atto, (o)eppure è un atto così diverso. 

In un momento di crisi politico economico sociale, l'appello a fare un uso più critico e consapevole delle parole può suonare ridicolo, ma per me ha un peso.
Come per me è importante aggiornare il vocabolario: l'italiano non è una lingua completa. E meno male, perché se lo fosse, sarebbe morta!
Invece mancano ancora tante parole, tanti concetti, tante espressioni...[ad esempio, io la mia amata Coiqui ci chiedevamo di fronte a un tè nero da studio come esprimere lo sdilinquimento e il piacere fisico e mentale derivante dalla visione delle spalle possenti di un bel ragazzo. E qui vi voglio, perché anche in dialetto è cosa ardua! E comunque io un dialetto non ce l'ho, quindi è giusto che ci pensi l'italiano.]

Tornando al ricordare e al dimenticare, al rammentare e allo scordarsi: due concetti, mente e cuore, due scuole di pensiero. Egualmente valide, egualmente riconosciute.

Eppure non si usa rammentare, e anche dimenticare nell'uso surclassa scordarsi, e di molto. Quindi si ricorda col cuore, e si dimentica con la mente. Ma non con il cuore.
Il che, se proprio vogliamo, non è sbagliato: secondo alcuni studi sulla memoria, un evento che ci ha segnato profondamente, che ha smosso le corde di un'emozione, qualsiasi emozione, bella o brutta che sia, quindi che abbia raggiunto il cuore, per così dire, non si può scordare. Rimane lì, nella sua sede. Per sempre. E noi non possiamo farci niente. (se non provare ad ignorarlo il più delle volte).

Ma ora io voglio dire: già io i ricordi che mi hanno fatto incazzare o arrabbiare o soffrire non li posso scordare, ma pure nel cuore devono stare? 
Cioè, di tutti i posti possibili e immaginabili, devo aver presente di averli sempre lì, nel cuore.
Oddio, se ci penso, non voglio nemmeno che mi occupino la mente. Che cazzo, è spazio sprecato!

Quindi, per farla breve: in italiano esistono almeno millemila modi per dire che io ricordo qualcosa (ricordare, rammentare, avere in mente, richiamare, rievocare, rimembrare, sovvenire e chissà quali altri adesso non sto citando, per restare in tema) 

Eppure io mi chiedo: ce ne fosse uno, ma uno solo, che mi mette in relazione la memoria con il culo.

Perché certe cose, visto che tanto non le posso cancellare, andrebbero proprio ricordate sì, ma col culo.















sabato 28 dicembre 2013

Cena tra amici


Amo i film francesi. 
A parte questo, so che una delle nostre cene tra amici andrà così.

Ci sono sempre dei non detti, e delle opinioni che è meglio non dire. Anche se non sono cattive, anche se vengono dall'affetto.
Perché anche noi abbiamo un amico che sa tutto di noi, ma che non dice niente di lui.

Ci sono gli amici che tra loro però non si parlano, ma comunque per te lo sforzo di esserci e di non litigare lo fanno lo stesso.

Ci sono le amiche che ti devono aggiornare e che devi aggiornare, ma non lo puoi fare di fronte agli amici, quelli nuovi, quelli della birra del sabato sera. Maschi, ché a loro certe cose non si dicono non per cattiveria, ma perché noi donne abbiamo bisogno di un caffè e una sigaretta tra noi per liberarci di tutti gli eventi, anche minuscoli, che ci sono successi in questi ultimi mesi. 

E poi c'è quell'amico, che è anche un ex, ma con cui funziona molto meglio come amico; quello che lo conosci così bene che ti basta vedere come muove il sopracciglio per capire che qualcosa non va. 

Poi ci sono i non detti, gli attriti, i rancori che si portano avanti da anni e che tutti fingono di ignorare per il resto del tempo, ma chissà come mai, sarà che a Natale siamo sempre più buoni, sarà il liquore all'alloro del mio babbo, che ci toglie l'impiccio e l'imbarazzo di chiedere, una volta per tutte: Oh ma che cazzo c'hai.

Io so che una delle nostre cene tra amici andrà così. 
Ci metteremo al tavolino e si diranno cose di cui ci pentiremo (vi pentirete) subito dopo, e che comunque non avremo voluto sapere (io non avrei voluto sapere).
Abbiamo tutti i nostri scheletri nell'armadio. E se stanno lì e si chiamano scheletri un motivo ci sarà, o no?
E così. Certe cose o si dicono subito o non si dicono proprio. Ma almeno ce le saremo dette in faccia. Solo che non sarà più la stessa cosa, dopo.

La cosa più importante che mi ha portato questo Natale è la consapevolezza che gli amici si contano sulle dita di una mano; se così non è, inizia a cercare il bug del sistema. Perché c'è sempre, e prima o poi verrà fuori.





venerdì 27 dicembre 2013

Fetish

Ciao, sono Vale A e oggi vi parlerò dei miei fetish.
O my God, no, dimmi che non sta per farlo davvero!

Siccome sono parecchi, ed egualmente importanti, iniziamo da quello più vecchio: la carta stampata.
Amo i libri, di un amore lussurioso. Mi piace toccarli, annusarli,sfogliarli, possederli, materialmente e mentalmente. Ragion per cui la tessera delle biblioteca non mi basta: io li devo avere.
Negli anni, con l'appoggio e l'aiuto di MioPadre, ne ho avuti e accumulati tanti, forse troppi (ma, come si dice, i libri e le scarpe non sono mai troppi), alcuni li porto sempre con me, altri li ho dimenticati (finché inopportunamente mi cascano sulla testa, e allora me li ricordo). 
Si racconta, tra le leggende e i miti di famiglia, di quando, a 7 anni, un compagno delle elementari mi chiese cosa volessi per il mio compleanno. "Mah, guarda, in realtà non serve che mi fai il regalo...comunque se proprio insisti, regalami un libro". 7 anni, evidentemente da compiere.
Una volta ero più virtuosa, ne compravo davvero tanti. Ora un po' meno, perché devo dividere le spese con cibo e vestiti, e anche perché ho meno spazio e meno tempo per leggerli come vorrei.
E poi sono sempre stata una fottuta snob: ebook, kindle: bleah!
La carta stampata è la carta stampata, 
e nessuno può rimpiazzarla
(almeno nel mio cuore)

Poi è arrivata l'università: i libri di medicina sono un vero piacere per gli occhi e per le mani, procurano un piacere fisico (che si tramuta presto in dolore fisico, quanto più ti avvicini all'esame, ma questa è un'altra storia...), ma costano un occhio della testa. 
Ora, io mi trovo bene a studiare da più fonti. 
Se non voglio portare mio padre a vendere un rene per far fronte alle spese di 6 anni d'università, mi devo arrangiare.
E così ne compro uno per materia, quello che ritengo più bello o più importante, e gli altri, mio malgrado (TUTTI, IO LI VOGLIO TUTTI!), me li faccio prestare, o li fotocopio...o li scarico. In rete, a gratis, si trovano di quelle cose fantastiche. Posso dare fondo alla mia sete di sapere!
Ahhh l'infinità dell'internet!
Però sui romanzi, non so, la puzza al naso mi rimane.

Poi esce il secondo film di Hunger Games
Il primo libro era carino, ma non così tanto da farmi comprare il resto.O meglio, nella sua incompiutezza avevo paura che l'autrice si rovinasse con il resto (tipo quando la Rowling non ha ucciso Potter alla fine). Quando è uscito il film mi aspettavo un mappazzone, e invece, complici anche la Lawrence che adoro, e quel fregnazzo che fa Gale (che non mi ricordo chi sia, ma so che è il fratello di quell'altro poco buono che ha fatto Thor), mi è piaciuto.


avanti, che aspetti a venire a vedere il secondo film?
Ragion per cui andrò a vedere il secondo.

Ma. 
C'è un ma.
Perché io mi attengo a delle leggi ben precise (neanche fossero le leggi della robotica):


Se c'è un film,
 e quel film è tratto da un libro, 
prima si legge il libro, 
poi (eventualmente) si guarda il film

Sì, il mio è snobismo. Un po' lo ammetto.

Complice la febbre, lo scazzo di queste vacanze, la mancanza in questa città di una libreria seria e bella, di quelle dove perdersi tra i titoli e gli scaffali, di quelle enormi, o anche piccole piccole, ma che valgono, che ti fanno venir voglia di dilapidarci il patrimonio (è ormai mia ferma opinione che il grado di crisi di un paese si possa misurare dalla qualità delle sue librerie, o dalla mancanza delle stesse, come in questo caso)...insomma dicevo, complici tutte le cose di cui sopra, e anche il bisogno fisiologico di avere qualcosa da leggere nell'immediato...


li ho scaricati.
Da internet
(grazie, divinità del tutto e del nulla, grazie)


ra ra ra
Come primo impatto con il mondo dei libri "immateriali" è stato strano. 
Leggere dal tablet o dal cellulare è una cosa che va bene una tantum, non potrei mai abituarmici.
Forse.
E la comodità di un click, l'hic et nunc, non mi alletta poi più di tanto, anche se in questo caso era proprio quello di cui avevo bisogno.
Però sono giunta a una conclusione:


Gli ebook non sostituiranno la carta: 
aumenteranno il desiderio di possederla.


E comunque adesso che li ho letti, li comprerò perché mi sono piaciuti, o meglio, più che piacermi, hanno smosso qualcosa...ma del perché, volente o nolente, mi tocca apprezzare/sopportare Katniss Everdeen ne parliamo un'altra volta, vero?



mercoledì 25 dicembre 2013

lunedì 23 dicembre 2013

Tornare a casa

Tornare a casa è prendere un treno all'alba per evitare l'esodo del rientro e poter viaggiare in un vagone semi vuoto, stiracchiandosi e guardando la bellezza che scorre fuori dal finestrino.

Tornare a casa è la valigia che pesa e la voglia di stare in pigiama per tutte le feste, con una tazza di tisana fumante e i biscotti allo zenzero fatti in casa.

Tornare a casa è uscire con i cani al mattino presto e farsi prendere dal freddo.

Tornare a casa è confabulare con i modi che solo noi sappiamo con il fratello per i regali di Natale. Reciproci e non.

Tornare a casa è uscire nella piazza la sera, e girare i soliti tre bar, e avere il jet lag da rientro, perché è come cambiare fuso orario: stranisce sempre un po'.

Tornare a casa è tornare usi a dinamiche e abitudini vecchie, che finiscono per rinnovarsi ogni volta.

Tornare a casa è trovare gli amici diversi eppure così uguali. Forse davvero c'è bisogno che tutto cambi perché tutto resti com'è.

Tornare a casa è sinonimo di festa nazionale e familiare imminente, perché questi sono gli unici eventi che giustificano una mia risalita dal Nuovo-Vecchio Mondo qual è quello dell'Università. E della vita universitaria.

Tornare a casa è trovarsi in situazioni di cui non sei al corrente, che ti lasciano un po' di amaro in bocca, perché stai lì e non capisci cosa è successo negli ultimi 3 mesi da cambiare tanto la situazione. E certe cose sai che non si possono spiegare a parole.

Tornare a casa è croce e delizia, riscoprire radici con la certezza di volerle portare lontano, quelle radici, senza mai sradicarle del tutto dal cuore.


La storiella del lunedì #2

Nell'ormai lontano 1996, un gruppo di ricercatori di una nota casa farmaceutica americana fece una scoperta sensazionale: scoprì una molecola che era in grado di indurre la vasodilatazione del microcircolo. La molecola era un inibitore della Fosfodiesterasi 5, chiamata confidenzialmente Sildenafil.
A tutti i livelli di gerarchia dell'azienda, dai ricercatori che conoscevano il meccanismo d'azione biochimico del nuovo farmaco, agli uffici della direzione, cominciò a scorrere champagne a fiumi: la panacea per tutti i tipi di ipertensione arteriosa era stata scoperta, e l'avevano scoperta loro!
Se si pensa che l'ipertensione arteriosa è una patologia che colpisce più di 600 milioni di persone, ed è in aumento, visto che è tipica della vecchiaia, si capisce l'entusiasmo di chi, almeno per i 15 anni garantiti dalla copertura del brevetto, avrebbe dominato e monopolizzato quella fetta di mercato.
Certo, mancavano ancora i trial clinici sui volontari, ma quella è robetta, in un modo o nell'altro, un colpettino alla molecola qui, un gruppetto chimico in più o in meno lì...insomma, le cose in qualche modo si aggiustano!

I geni dell'ufficio marketing avevano già in mente la pubblicità: combatte l'ipertensione arteriosa, dev'essere qualcosa che coinvolga le cascate del Niagara, facciamo che nella prima scena si vedono e poi *puff* si interrompono...anzi, per il bene dello spot,anche il nome deve fare rima con Niagara...
le cascate del Niagara, ideali protagoniste dello spot
Mentre al marketing si spremevano le meningi come non mai per tirar fuori qualcosa di buono, iniziavano i trial sui volontari, chiaramente pagati profumatamente a fine studio. Solo che le cose non andavano per niente bene: la pressione si abbassava di soli 15 mmHg: praticamente acqua fresca.
Nell'ufficio marketing si aggiungeva la scocciatura di dover pure accantonare l'idea di quella benedetta pubblicità con le cascate del Niagara, che pure era tanto buona.
Insomma, si decise di interrompere lo studio: tutti i volontari vennero invitati a riportare le confezioni di farmaco non ancora terminate, così da poter essere comunque pagati. Lautamente pagati.
Nonostante la promessa di uno stipendio in più, solo un piccolissimo gruppo di pazienti si presentò a riportare il farmaco, e a pretendere il pagamento.

E a questo punto vorrei sottolineare l'importanza di avere una brava segretaria: senza quella, non vai da nessuna parte. 
Fu infatti una segretaria particolarmente sveglia e attenta ad accorgersi di un fatto singolare: a riportare la confezione erano solo donne. E che l'unica cosa che queste donne avevano in comune tra loro, era appunto il fatto di essere donne.
Di uomini, neanche l'ombra.

Dopo un'accurata indagine, la Pfizer realizzò che forse non aveva trovato la panacea per l'ipertensione, ma era comunque un'occasione da festeggiare con nuovi fiumi di champagne: senza volerlo, aveva ideato un farmaco che realizzava il sogno dell'uomo medio: un'erezione di una durata eccezionale!

Per evitare di dover rimettere in moto gli ingranaggi delle menti dei geni dell'ufficio marketing, il farmaco fu approvato e commercializzato con il nome pensato ad hoc per l'accostamento alle cascate del Niagara. Riadattandolo.

Ed è per questo che il Viagra si chiama Viagra.


PS: per lo spin off I millemila e 1 usi alternativi del viagra:



il viagra è correntemente usato in terapia intensiva per migliorare la respirazione in pazienti con ipertensione polmonare, ed è attualmente in trial per l'uso in gravidanza, quando il feto sembra non crescere bene.

Così, giusto per dire che la tradizionale pillolina blu -di nome e di fatto- potrebbe trovare anche un uso "rosa".







domenica 22 dicembre 2013

Resoconti telefonici in amicizia #2

Premessa: Io non sono una fan del Signore degli Anelli. Mi annoia. Ho pure letto il libro, ma mi annoia lo stesso. In ogni caso, mi piaccia o no, devo accettare che ormai le vicende, le scene e i personaggi del Signore degli Anelli facciano parte di un background culturale comune ai giovani e meno giovani ormai sempre più affermato nell'immaginario quotidiano, per cui mi adatto e, senza essere una fan, conosco bene il film in modo da capire e saper usare ad hoc i riferimenti. Fine della premessa.

-...no, e insomma, praticamente 'sta scema s'avvicina, con fare d'amicona, e inizia ad alludere al fatto che l'altra sera forse ho bevuto troppo e stavo troppo allegra. Così, a caso, di fronte a tutti. Così se c'era qualcuno che non lo sapeva adesso lo sa...ma metti che io non lo volevo dire in giro?...

-...vabbè, dai Coinqui, lo sai che quella è una decerebrata...

-...STUPID FAT HOBBIT.

Praticamente l'insulto definitivo.



venerdì 20 dicembre 2013

Maschere nude

Oggi è venuto a trovarmi Dude, il mio migliore amico (nonché amante dei film dei frateli Coehn e non solo quelli, la mia cultura cinematografica la devo a lui). Era un po' che non lo vedevo,o meglio, era un po' che non ci facevamo una chiacchierata a tu per tu, perché anche se siamo praticamente vicini di casa, il periodo è stato frenetico per tutti: esami qua, esami là, lezioni, tirocinio, la sua tesi da scrivere. 
Eppure ci vediamo spesso in gruppo per uscire, ma tete-a-tete è un'altra cosa. Tete-a-tete si fanno i discorsi seri. Soprattutto prima di salutarsi per Natale.

Ora, c'è un episodio di Grey's Anatomy in cui Meredith (la bionda e decerebrata protagonista) fa notare agli amici/colleghi che devono aiutare Alex Karev, anche se è uno stronzo: alla fine loro sono una famiglia,e Karev fa la parte dello zio porcone, che non è una bestemmia mascherata, ma un personaggio chiave di ogni famiglia che si rispetti. E se non hai lo zio porcone, ti toccherà quanto meno lo zio insopportabile. Tutti ce l'hanno, ma è comunque famiglia. E gli vuoi comunque bene.

Ecco, anche nei gruppi di amici si creano delle dinamiche che sono familiari ma anche teatrali: ogni gruppo ha la sua dinamica, e ognuno fa la sua parte specifica, che finisce per cucirglisi addosso come un'etichetta. E non importa come potrà comportarsi in futuro, cosa potrà diventare, perché quell'immagine, all'interno del gruppo, non cambierà mai.
Con conseguenze comiche e incomprensibili per gli esterni al gruppo, o per chi si inserisce in un secondo tempo.

Volendo andare sul banale: tra le cose con cui vengo identificata nel gruppo (e questa è quella che più mi fa ridere), vengo ancora apostrofata per la taglia del mio reggiseno, nonostante abbia due tette di dimensioni normali, solo perché quando mi hanno conosciuto a prendevo la pillola che mi ha regalato davvero un paio di taglie in più
[Apro parentesi: un mio vecchio amico, fisico e pazzo (come la maggior parte dei fisici- non serve davvero che specifichi che è in senso buono, vero?), quando mi ha rivisto a distanza di un anno la prima cosa che mi ha detto è stata "Ommioddio ti si sono rimpicciolite le tette!". Si grazie, anche io ti voglio bene.Chiusa parentesi]

Comunque: Dude è stufo di essere etichettato come "lo stronzo". Oddio, c'è da dire che lui ci ha marciato per anni sul fatto di essere scontroso, volutamente senza peli sulla lingua diventando a tratti davvero inopportuno, tirchio, supponente...ok, adesso sembra che non abbia qualità. E' diventato uno stereotipo. In realtà è una persona sensibile, di buon gusto, intelligente e con delle opinioni valide ma...ha voluto giocare con l'immagine di se stesso per troppo a lungo,e adesso si trova con un vestito troppo stretto per la sua personalità.
Sono problemi. 
Miley Cirus per scollarsi di dossi i panni di bambina felice e allegra (e per nulla sexy) del mondo disney ha dovuto fare un video nuda in cui lecca un martello (ma poi: perché?) e si dondola su una palla. 
tumblr è un'infinita fonte di ispirazione

Io non penso che Dude riuscirebbe a cambiare l'immagine di sé, neanche se domani venisse e dicesse che si è lanciato in una casa in fiamme per salvare un bambino, la nonna e pure il pesciolino rosso. 

Come non penso che ci riuscirei io, o chiunque altro.

In gruppi si recita sempre una parte, come nella commedia greca o nella commedia dell'arte: non è per forza una cosa negativa, non è neanche finzione voluta, io mi diverto, gli altri si divertono, e comunque è vero, certi lati del carattere si fanno sentire più di altri.

Comunque Dude, non ti devi preoccupare: gli amici, quelli veri, ti conoscono e ti apprezzano per come sei. Anche quando fai lo stronzo.


scusate il momento alto tasso di glicemia/rischio diabete, ma lo spirito del Natale ha contagiato anche me

giovedì 19 dicembre 2013

Le donne sognano il principe azzurro e poi scelgono il pirata

Le donne sognano il principe azzurro ma poi scelgono il pirata.
           

Questo lo sostiene Cùgino, che è preoccupato per chi la sorella più piccola gli porterà a casa un giorno non lontano di questi.
Lo sostiene anche perché, e questo non credo lo ammetterà mai, gli brucia tantissimo per la sua ennesima delusione d'amore. Eppure lui è bello, simpatico, gentile, proprio like a sir, siòri e siòre, e non lo dico perché è mio cugino, ma perché così è realmente.

E invece finisce puntualmente friendzonato (prima o dopo).

Come quella volta che stava con un'olandese (Erasmus): tutto bellissimo, rose e fiori, lui la ospita spesso a casa, si sentono tutti i giorni per chat, lui va da lei, conosce i suoi, vieni che ti presento il figlio dell'amico dello zio del nonno dell'uomo nudo, e cose così.

Piccola parentesi: lei è vergine, ci crede e francamente si fa un sacco di menate mentali sul perché non la può dare a Cùgino anche se credimi, è innamorata, è innamorata persa. Però no
Cosa farebbe otre di testosterone e androgeni vari qualunque? 
Be'...a questo proposito cito una canzone che faceva più o meno così...
O me la dai
o me ne vado
e scusa tanto, se non è il caso
O me la dai, 
o tienla pure 
ma non pensare ch'io muoia per te!

(che poi mi verrebbe da aggiungere: ma se non scopi, in Erasmus, che ci vai a fare? Ma non lo aggiungerò, dato che il prossimo a partire sarà il MioUomo...)
Ecco. Mio Cùgino: assolutamente no, io sono un siùr, io ti rispetto. E ti aspetto.

2 mesi dopo riceve una mail in cui lei gli dice che lo lascia, la lontananza è troppa, il suo cuore non regge, si fanno solo del male. Ma restiamo amici.

15 giorni dopo lei gli dice che ha conosciuto un tizio, un italiano che lavora lì, dalle foto pure piuttosto coatto. Ah. Bene. 
20 giorni dopo chiama mio cugino e gli dice (cito a memoria):

Sai, sono andata a letto con questo coattello, perché era così insistente. Però mi è dispiaciuto, avrei preferito farlo con te...
Ma mica te la sarai presa, no?

Ecco.
Tutta questa drammatica storia per girare intorno a un fatto che neanche io ho mai capito: 
le donne, almeno una volta nella vita, scelgono deliberatamente di mandare all'ortica la tranquillità e la serenità che deriva dallo stare con una persona sensata per complicarsi la vita dietro a qualche squilibrato senza senso. E quando dico "la serenità -e anche la felicità- che deriva dallo stare con una persona sensata", non mi riferisco solo a una storia di coppia, ma anche ai single: mai detto fu più vero di meglio soli che male accompagnati.

In nome poi di cosa? Siamo sincere, guardiamoci negli occhi e almeno per questa volta ammettiamo che non lo facciamo in nome della felicità di andare dietro a uno stronzo, perché questo ci causa lacrime, sofferenza e perdita di autostima per il 99% della durata della relazione, lasciando strascichi anche dopo. E no, quell'1% residuo non è sufficiente come giustificazione.

Quindi per cosa lo facciamo? L'unica origine di questo stravagante e antidarwiniano fenomeno è una non corretta lettura dell'amore romantico che ci porta ad arrivare a una visione distorta dell'amore: se non c'è sofferenza, se non c'è qualche lacrima, se non c'è qualche ostacolo socio culturale da superare, non è vera passione, indi non è amore, ergo non merita il mio tempo.
Siamo nate per soffrire. Oh, ma anche no.
Cioè, c'è una bella differenza!



Eppure siamo cresciute, come dice Platypus, con gli eroi disneyani, modelli di virtù e amor cortese. Anzi, forse troppo: non eran stronzi ma eran quasi lessi! Pensiamo a Hercules, tanto carino, tanto a modo, ma non era proprio quel che si suol definire un'aquila...O a Tarzan: anche peggio!
Poi c'era Aladin, che era l'archetipo del ladro gentiluomo, un po' come Robin Hood. Ecco, loro sì che un po' ci hanno complicato e distorto la percezione del partner: se ci sono un sacco di belli e decerebrati, è più difficile trovare un furbo (e qui torniamo al problema del pirata) che non faccia il furbo anche con noi.
Tanto che ormai la connotazione della parola furbo è vagamente negativa...


Ah, quanto mi piaceva Robin Hood!
Per non parlare di Peter Pan, alias l'eterno bambinone
Allora cosa, allora dove sta il gene masochista che ci spinge a quei colpi di testa matta?
Non ne ho la più pallida idea. 

Io però ho cambiato i miei modelli di riferimento: dal mondo Disney ai 7 Regni e le terre al di là del mare di Game of Thrones.

Si apre la caccia all'uomo, anzi, al Jon Snow.


Oh, il MioUomo è uguale, anzi è meglio: sorride pure!